Sono nato nel 1929, a Busto Arsizio, in provincia di Varese.Mio padre Stefano, nativo di Salerno, laureato a Napoli, entrato in magistratura giovanissimo, dopo aver girato per varie sedi, nell’Italia centrale, era diventato sostituto procuratore del re, reggente dell’ufficio di procuratore di Busto . Mia madre Emilia Gray Pierina, era stata conosciuta da Stefano tramite il fratello di lei Carlo, che era stato giudice a Busto Arsizio ebbe un ruolo importante anche negli studi di Francesco. Carlo, infatti, oltre ché magistrato, era libero docente di filosofia del diritto, all’ Università di Torino poi di Milano, ed aveva una ricca biblioteca di scienze sociali, poiché si occupava specialmente di filosofia della sociologia e della politica, secondo la tradizione della scuola torinese. A Crema nella grande casa dei nonni, aveva attrezzato una stanza , piena di libri di economia, per il nipote , alla cui carriera, essendo senza figli, portava un interesse particolare. Avendo lui studiato a Torino c’erano i testi di Einaudi , di Loria di Cognetti de Martiis, e tutta la Collana degli Economisti edita dai fratelli Pomba, poi Utet. C’era anche tutto Pareto, sulla cui sociologia Carlo Gray aveva scritto. Emilia Gray, di nobile famiglia piemontese, secondo la tradizione dell’epoca aveva frequentato scuole di belle arti ed era pittrice. Diplomata della Croce Rossa, aveva prestato servizio nel 1918-19, negli ospedali militari delle retrovie,ove aveva assistito i feriti della grande guerra. Suo padre, Francesco , anche lui magistrato, aveva impartito ai figli una educazione rigida ( i figli gli davano del voi) , appena temperata da quella della madre, Adele Pitoletti, il cui nonno banchiere aveva fatto fortuna finanziando Napoleone poco prima della battaglia di Lodi. I racconti della nonna avevano dato a Francesco l’dea dell’importanza dell’economia e della finanza. Convinzione rafforzata dal fatto che ,a Busto, il padre lo teneva spesso con sé, quando discuteva con gli amici, che in gran parte, erano industriali tessili (un pubblico ministeri allora non poteva frequentare i colleghi giudici, né gli avvocati). L’educazione di Francesco e dei suoi due fratelli, a causa delle tradizioni della madre, ebbe un che di militaresco, nonostante che il padre Stefano amasse assai poco le cose militari. Liberale, aveva però preso la tessera del fascio nel 1932, spiegando agli intimi che era “la tessera del pane” Nel 1939 con la nomina a Procuratore del Re, era stato trasferito a Sondrio, sede da lui ambita, perché gli piaceva la montagna e sapeva che aveva ottime scuole. Perciò fece fare a Francesco l’esame di ammissione alla prima ginnasio a Sondrio, nel 1940, subito dopo la quarta elementare, saltando la quinta. Francesco racconta che il padre aveva gli aveva fatto imparare il programma di quinta di italiano mediante antologie che gli aveva regalato. A Busto Arsizio Francesco era stato arruolato fra i balilla moschettieri. E , a causa di questo particolare addestramento e della piccola statura , a Sondrio fu subito impiegato, come capo fila di sinistra , nelle parate paramilitari che iniziavano con i balilla , cui seguivano tutti gli altri corpi fascisti. Sicché quando si doveva disegnare sul campo , con le colonne di giovani e meno giovani, la M di Mussolini, lui aveva un compito arduo e decisivo:un suo errore di manovra di svolta a destra anziché a sinistra o viceversa, avrebbe provocato un disastro. Non sbagliò mai, ma gli istruttori non apprezzarono il fatto che non andasse alle lezioni di mistica fascista, sostenendo che la parola mistica era , in questo caso, ridicola (opinione che suo padre condivideva in silenzio). Così Francesco rimase balilla semplice.
Nel ginnasio liceo Piazzi di Sondrio, Francesco, che i genitori si ostinavano a chiamare Franceschino divenne rapidamente popolare pur essendo il primo della classe, Era molto distratto e qualche volta prendeva anche lui pessimi voti. Era vestito con abiti da signorino, ma aveva sempre le mani e le camicie sporche di macchie di inchiostro e i capelli spettinati. Lui, del resto, faceva copiare i compiti e anche per questo era diventato molto autorevole. Così i compagni lo ammiravano e lo consideravano il capo. Negli anni della repubblica di Salò, quando al ginnasio liceo si doveva stare senza riscaldamento fu incaricato dagli studenti di intesa con il corpo docente di dichiarare quando, essendo troppo freddo, non si poteva stare in classe. I valtellinesi però si vergognavano di ammettere di aver freddo e perciò Francesco ben poche volte ebbe, dai compagni, il mandato di fare questa dichiarazione: anche se alcuni professori, non abituati al freddo del luogo , lo avrebbero probabilmente gradito. Nel 1945, con la liberazione (a Sondrio accadde il 29 di aprile) Francesco divenne segretario provinciale del movimento federalista europeo, che era stato fondato da un suo amico studente universitario, che negli anni della Repubblica di Salò era stato brevemente in carcere, essendosi rifiutato di fare il saluto fascista e poi era andato fra i partigiani. Per finanziare il movimento, i due decisero di fondare un giornale, chiamato “Cronaca Giudiziaria”, che uscì per un semestre , con le cronache dei processi della Corte d’assiste straordinaria. Francesco ne fu il redattore capo e factotum, con un notevole successo sia editoriale, sia finanziario. E qui nacque la sua passione per il giornalismo, che lo ha poi sempre accompagnato Fondò, anche, assieme ad amici il Fronte della Gioventù, per gestire gli impianti sportivi della ex Gil, ma non si iscrisse ad alcuno dei partiti del Fronte perché si sentiva liberal socialista, ma il partito di azione gli pareva troppo astratto, mentre trovava i socialisti, troppo legati ai comunisti, mentre Nel 1947, dopo la scissione di palazzo Barberini, si iscrisse al partito socialdemocratico, a Pavia. Infatti, terminato nel 1947, il liceo, Francesco vinse il concorso per un posto al Collegio Universitario Ghislieri di Pavia, per frequentare la Facoltà di giurisprudenza, con un indirizzo economico. Le ragioni di questa scelta e le vicende di questo periodo sono narrate da lui nel racconto autobiografico “Sotto i portici di Pavia-Ricordi del Collegio Ghislieri di Pavia”,a cui rinvio. La tesi di laurea del Forte, premiata con la lode e dignità di stampa, riguardò il principio del beneficio, in collegamento con la tassazione delle rendite fiscali, tema quest’ultimo, molto caro, all’epoca, al Griziotti. Il lavoro, con sviluppi e modifiche, fu pubblicato nel 1953 nella Rivista di Diritto finanziario e Scienza delle finanze, pagg. 330-398, con il titolo “Teoria dei tributi speciali”, Il saggio contiene il primo nucleo di quella che sarà la sua successiva impostazione metodologica. In esso, infatti, nel 1 § del Capo I (“Considerazioni Preliminari”), intitolato L’attività finanziaria come fenomeno commutativo-distributivo il Forte scrive “Come nell’economia interessa la legge del così nella finanza pubblica importa indagare la legge del riparto del costo dei pubblici servizi e come nell’economia interessano le varie formulazioni possibili del prezzo eressano con riguardo alle condizioni della domanda e dell’offerta) , così in finanza pubblica interessano i vari criteri di riparto di entrate e spese e la risultante complessiva di ciascuno di essi . In questo campo però la visione del fenomeno non sarà più atomistica , ma prevalentemente di massa, ossia il problema sarà considerato per il gruppo o classe o categoria e per il soggetto medio (più frequente, tipico ecc) anziché per il singolo”. Più avanti il Forte osserva che l’abitudine a usare –in teoria e in pratica. Regole diverse da quelle dell’equivalenza particolare ha radicato nell’opinione comune ed anche nel pensiero degli studiosi la falsa credenza che ciò che usualmente non viene diviso non può esserlo mai[1]. Il Forte afferma che “bisogna sbarazzarsi dell’idea, evidentemente sbagliata.. che esistano bisogni e soddisfazioni collettive. Esistono solo bisogni individuali delle persone fisiche, che sole hanno curve di utilità e sentono delle soddisfazioni edonistiche”. Aggiunge il Forte che ci sono solo due ipotesi di indivisibilità dei benefici dei servizi pubblici. Una prima ipotesi è quella in cui la divisione dei benefici non ha luogo per criteri di solidarietà, nel senso che il soddisfacimento individuale giova a quello “collettivo”, dei membri di tutto il gruppo. Una seconda ipotesi è quella in cui “i bisogni individuali vengono soddisfatti mediante mezzi collettivi, con un processo comune del servizio , in guisa tale che non si riesce a separare il costi di esso per ciascun utente” e “d’altra parte ciascun membro del gruppo gode del servizio e ne trae la medesima utilità”. Ma questa ultima ipotesi è, per il Forte, irreale in quanto la distribuzione territoriale dei benefici non è identica nei vari luoghi e in quanto le utilità soggettive sono diverse. L’autore ammette che talora prevale un punto di vista oggettivo anziché soggettivo del beneficio dei servizi pubblici, ma anche in tale caso i vari benefici dei diversi soggetti appariranno diversi a chi fa questo calcolo. Ammette popi che ci sono difficoltà tecniche insormontabili se si pretende di “dividere tutti assieme con calcolo preciso [2] i vantaggi dei pubblici servizi di una finanza pubblica molto grossa[3] ad un certo istante, tenendo conto pure delle eredità del passato e di quella che si lascia al futuro- per commisurare a ciò le imposte”. Ed aggiunge che il calcolo non sarebbe neppure conveniente, “poiché si può ricorrere all’ipotesi delle compensazioni ”. I saggi successivi del 1954 su “Il computo dei benefici stradali e degli oneri fiscali relativi”, I, II, III Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze costituiscono uno sforzo di collegare la tassazione dei prodotti petroliferi usati dai mezzi automobilistici e gli altri tributi sull’automobilismo e i pedaggi stradali al beneficio dell’uso delle strade, tenendo conto anche della concorrenza fra strada e rotaia. Il tema fu poi da lui ripreso a livello analitico nel saggio del 1956 “Automobile Taxes as Pricing of Highway Services”, Quarterly Review BNL: che attrasse l’attenzione di James Buchanan, che in quell’anno aveva una borsa di studio del governo degli Usa, per gli studi all’estero e aveva scelto l’Italia, essendo interessato alla scuola italiana di scienza delle finanze. Anche il Buchanan, infatti, cominciava, allora a pensare che il principio del beneficio fosse il cardine della teoria economica della finanza pubblica. Va aggiunto che nonostante che il lavoro del Forte del 1953 fosse uno sviluppo della sua tesi di laurea, egli negli anni precedenti non aveva ancora maturato con chiarezza l’impostazione metodologica, basata sulle utilità soggettive individuali , in esso presentata e teorizzata. Infatti, nel 1952, in un saggio su “Il problema della progressività con particolare riguardo al sistema tributario italiano “, nella Rivista di diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, egli aveva sostenuto che “mentre nell’economia privata i problemi di massima convenienza, sotto certi aspetti prevalenti almeno, si possono risolvere con riferimento alla nozione edonistica[4] del massimo di utilità, nella finanza pubblica l’utilità è concetto del tutto logico-astratto da cui non è possibile oprare alcuna deduzione, se non ci si riferisce a ciò che per una certa collettività appare come utile , ossia costituisce il benessere ”. Non è che il Forte rifiutasse il valore del punto di vista individualistico, rifiutava l’idea che esso valesse come punto di vista soggettivo rilevante per le decisioni collettive. Infatti egli, chiaramente sotto l’influenza delle tesi del Griziotti, precisava che “l’apprezzamento dei sacrifici sopportati dai privati mediante i carichi pubblici è giudizio eminentemente politico[5] che avviene continuamente attraverso i governi, i partiti,le tradizioni, gli ideali e gli interessi di un popolo e delle classi che vi prevalgono”[6] E muovendo d questa premessa, ricavava dalla Costituzione e dai principi della scienza delle finanze che la avevano ispirata, i criteri riguardanti la progressività nel sistema tributario italiano. Egli, per altro, nell’indagine individuava rilevanti limiti alla possibilità di applicare la progressività in Italia che comportavano una limitazione rilevante della spesa pubblica, in quanto , da un lato la progressività implicava “di non intaccare le spese private necessarie per la vita del cittadino” e , dall’altro, secondo i principi costituzionali italiani, implicava di “non intaccare il risparmio e l’efficienza della produzione privata” [7]. Frattanto il Forte era divenuto , prima assistente incaricato, poi nell’ottobre del 1951, assistente ordinario di scienza delle finanze e capo redattore della Rivista di diritto Finanziario e Scienza delle Finanze,” a cui collaborava , con un fitto lavoro di recensioni e note a sentenze, oltre ché con vari saggi. Frattanto il professor Griziotti gli aveva fatto studiare il tedesco , con borse estive , del Ghislieri e dell’Università , prima in Tirolo , poi a Munchen. Così nel 1953 , con una borsa semestrale delle Università di Zurigo e di Berna, tradusse dal tedesco e curò l'edizione italiana di "System des Steuerrecht" di E. Blumenstein, che Griziotti riteneva importante far conoscere agli studiosi italiani. Ma gli studi che il Forte considerava rilevanti per la sua attività scientifica erano essenzialmente quelli i carattere economico. Nominato professore supplente nel 1954-55 di Ezio Vanoni alla sua cattedra di scienza elle finanze, cominciò a interessarsi ai temi della tassazione degli scambi, su cui il Vanoni aveva scritto un volume, che il Forte intendeva aggiornare. Scrisse così “A quel étade du cycle economique doit-on percevoir l’impot sur le ciffre des affaires?” nella Revue de Science Financiere, del 1955 e il volumetto seminale di carattere teorico su “Natura economica ed effetti dell’imposta sul valore aggiunto”, nei Quaderni dell'Istituto di Scienze Economiche dell'Università degli Studi di Milano, .che gli diede una reputazione internazionale, anche tramite la citazione di Iohn Due nel suo autorevole libro “Sales Taxation”. Agli studi teorici facevano compagnia altri studi, di carattere applicativo, secondo una impostazione che Forte seguirà ,costantemente, anche nei tempi successivi. Così nel 1956 pubblicava la monografia sui “Metodi alternativi di tassazione dei redditi delle società di capitali” , in due puntate su Moneta e Credito, poi raccolta in un piccolo volume a cura della stessa rivista, in cui analizzava le varie soluzione adottabili per tassare i proventi delle società, dal metodo della società di persone in cui i profitti attribuiti ai singoli soci pro quota, soluzione adottabile per le società a base ristretta, al credito di imposta accompagnato della tassazione nell’imposta personale, alla trattenuta presso la società per l’imposta personale. Il lavoro era stato preceduto dall’articolo del 1953 “Alcune riflessioni di teoria e politica finanziaria a proposito della nuova imposta sulle società di capitali”, nella Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze mentre nel 1955 pubblicava “Su alcuni aspetti dell’imposta sulle società nell’esperienza canadese”, nella rivista Studi Economici e aziendali. Nel 1956 usciva, raccolto in volumetto, presso Giuffrè “Sulla natura economica e sugli effetti dell’accelerazione degli ammortamenti fiscali”, comparsa in due puntate nella Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze in cui l’analisi degli ammortamenti fiscali accelerati veniva condotta nell’ambito della teoria del capitale di Wicksell e degli austriaci. Erano usciti nel 1955, anche suoi studi empirici sulla pressione fiscale dell’automobilismo e sul carico fiscale in Italia. La sua attività era frenetica, perché aveva assunto il compito redattore capo della pagina economica de “Il Giorno” che aveva iniziato le sue pubblicazioni nel 1954 e nello stesso anno era stato assunto part time come consulente economico dell’Eni, grazie ai suoi studi sulle tematiche fiscali dell’automobilismo Nonostante questa ampia messe di scritti teorici e applicativi il Forte, forse perché oramai troppo in vista per i suoi incarichi extra universitari, veniva bocciato alla libera docenza, nel 1955, da una commissione presieduta dal professor Cosciani, che fra l’altro, aveva considerato irrilevante il saggio sulla teoria della tassazione del valore aggiunto, in quanto presentato in bozze di stampa. Frattanto, morto Vanoni, Forte era stato nominato professore incaricato, a Milano. Nel 1955-56 svolgeva anche l’attività di docente del corso serale di scienza delle finanze all’università Cattolica di Milano. Griziotti, da tempo gravemente malato, moriva anch’egli nel 1957. Ma nell’anno accademico 1956-57 il Forte, grazie ai suoi titoli, , con l’appoggio di Sergio Steve e dei professori delle due Università Milano che aveva conosciuto, otteneva l’incarico di professore di scienza delle finanze, economia politica e statistica presso l’Università libera di Urbino. E continuava nei suoi studi , pubblicando nel 1957 “Su di alcune proposizioni del Ricardo riguardanti gli effetti di imposte pagate dal produttore” ,nella Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze in cui analizzava gli effetti delle imposte di fabbricazione in relazione al tempo ”tema che- come egli ebbe a scrivere[8]- mi ha sempre affascinato dalla lettura di Wicksell in poi” Di questo periodo sono anche il saggio di politica tributaria “Alcune osservazioni sulla personalizzazione delle imposte reali sul reddito”, negli Sudi Urbinati,1957-58 e due importanti scritti di diritto tributario “Note sulla nozione di tributo nell’ordinamento finanziario italiano e sul significato dell’art. 23 della Costituzione”, Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, 1956 n, 3 e “Note sulle norme tributarie costituzionali italiane (a proposito dei contributi di Benvenuto Griziotti al diritto finanziario)”, Jus, 1957 III, che ebbero una notevole influenza sulla elaborazione della giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia tributaria, che era allora nella sua fase iniziale. Del 1957 è anche il saggio “Intorno ad alcuni effetti sulla convenienza ad investire di un particolare tipo di imposta sul reddito e di imposte sul valore aggiunto”[9], in cui dimostrava che l’imposta sul reddito, con esenzione degli investimenti, teorizzata dal Kaldor, tenuto conto di date ipotesi di traslazione e incidenza, era equivalente all’imposta sul valore aggiunto tipo consumo, che si andava teorizzando in Francia. Nel 1958 compariva anche un saggio “Su di alcune misure di politica fiscale per l’industrializzazione del Sud”[10]. Nel 1958 il Forte conseguiva, n modo brillante, la libera docenza in Scienza delle Finanze e Diritto finanziario. Stava volgendo al termine la prima parte della sua carriera scientifica e stava maturando il suo interesse per la teoria dell’economia del benessere. Infatti, da qualche anno aveva iniziato a studiare l’economia del benessere di Pigou, di cui aveva tradotto il libro sulla teoria della finanza pubblica. E nel 1958, infatti, aveva pubblicato nella Rivista , di cui come redattore capo, dopo la morte di Griziotti, aveva assunto la piena responsabilità, il saggio “Lo sviluppo della teoria della finanza pubblica di A.C. Pigou”. Contemporanea elaborava un suo studio sull’analisi dei prezzi al costo marginale, nel breve e lungo termine, per le imprese pubbliche, in relazione a diverse ipotesi circa le politiche di investimento nelle stesse, che doveva popi comparire in un volume di saggi di vari autori su Prezzi Pubblici e tariffe[11] . Frattanto terminava un saggio su un tema più tradizionale, quello della teoria degli effetti economici delle imposte sugli scambi [12]Nel settembre del 1959 il Forte prendeva un anno di congedo dall’Università di Urbino, perché era stato chiamato , come post doctoral fellow del Thomas Jefferson Center del Department of Economics dell'Università di Virginia (USA) per il 1959-1960. Fu un periodo di studi fervido, in cui il Forte elaborò studi che gli valseroi la nomina ad associate professor su proposta di James Buchanan e Ronald Coase ove insegnò , per i corsi avanzati, Theoretical Welfare Economics e per gli undergraduates Economic development e Industrial Organization . Sono di questo periodo due impegnativi saggi sulla economie esterme e i rendimenti crescenti in Alfred Marshall che il Forte discusse con Ronald Coase. Il sdecondo dei due doveva essere originariamente pubblicato in inglese ne Il cato in inglese conomie esterme e i rendim,enti crescenti in Algred Marshall Nel 1961 lavora all 'International Tax Center dell’Università di Harvard , iniziando (con C. Cobb il volume su "Taxation in Italy" 1961 designato full professor of Economics , all’Università di Virginia, su proposta di J: Buchanan e R: Coase due economisti poi premi Nobel , vince anche la cattedra di scienza delle finanze in Italia e viene chiamato da Luigi Einaudi a succedergli , nella cattedra di Scienza delle Finanze della Facoltà di Giurisprudenza e scienze politiche dell’Università di Torino, ove in segna anche, in alcuni anni, politica economica e di economia internazionale